“Lungo i confini occidentali delle Marche, dove le vaste selve dell’Alpe della Luna e della Massa Trabaria sfumano a sud est, si erge maestosa l’incantevole dorsale appenninica del Catria e del Nerone.
Uno scrigno di meraviglie storiche e naturali, che si estende per oltre venti chilometri sino al Parco Naturale del Monte Cucco. Dalle mistiche vette del massiccio del Catria alle profonde e segrete grotte del Nerone, questo paradiso ha da offrire un inestimabile patrimonio geologico, floristico e faunistico, assolutamente da tutelare. La salamandrina di Savi, così come il lupo e l’aquila reale non possono più aspettare. Loro e tanti altri chiamano a gran voce il Parco Nazionale del Catria e Nerone.”
Su queste poche righe, nasceva nel marzo del 2915 la pagina Facebook “Il Parco che Non è”, a rilancio di una campagna decennale per l’istituzione di un parco per il Catria e Nerone. Questi ultimi, forse i più conosciuti, ma non gli unici di questo prezioso angolo d’Appennino Marchigiano: i monti Acuto, Strega e Petrano, così come Montiego e Vicino, le Serre di Burano ed il bosco di Tecchie, già tutelato da tempo, sono anch’essi parte di tale patrimonio naturalistico.
Un territorio dal destino beffardo, oltre tutto, essendo quasi circondato da altri parchi, come quelli del Sasso Simone e Simoncello e della Gola della Rossa e di Frasassi, o dalle riserve dell’Alpe della Luna e della Gola del Furlo. E che dire del “Parco Naturale del Monte Cucco”, in terra umbra, che tanto gelosamente abbraccia un lembo di Monte Catria, quello stesso Catria marchigiano tanto amato da Dante? E’ possibile che per mere questioni politiche ed amministrative debba rimetterci qualcosa di tanto più Nobile, di tanto più Grande? Ci sarebbe infatti una logica continuità geografica, oltre che naturalistica ed etica, col parco del Cucco..
Alla luce di quanto detto, quali i problemi, quali le avversità? Che siano una fitta rete, fatta di interessi, lobbies e consensi? Che sia davvero così? Il vero dramma è forse un altro, ed orbita attorno ad una parola, resa ormai tabù: il tanto discusso termine “parco”.
Cinque lettere mal interpretate da molti, mal viste e mal raccontate. Dicerìe da osteria, false verità del tipo “non si andrebbe più a funghi” o “non si taglierebbe più legname”, e tanti altri miti da sfatare. Per far fronte a tale disinformazione, l’associazione ambientalista “La Lupus in Fabula”, artefice di questa storica campagna, ha indetto negli anni una serie di iniziative culturali e divulgative, come i vari concorsi video-fotografici “PensiAMO il Parco” e il recentissimo “FilmiAMO il Parco”. A contornare il tutto, depliant informativi e altri eventi ricorrenti, come il “Salamandrina Day” e il tanto atteso “Raduno Escursionistico per il Parco”, dello scorso 14 settembre, che ha visto riunirsi quattrocento persone sull’Infilatoio del Monte Catria. Un evento memorabile, con tanti gruppi provenienti da tutte le Marche, e la straordinaria partecipazione del CRAS provinciale di Pesaro e Urbino. Perchè tanta insistenza? Quali, le ragioni di questa lunga battaglia? Di valide motivazioni se ne potrebbero elencare per ore: la dorsale stessa, innanzitutto, un libro aperto per i geologi di tutto il mondo. Una serie di formazioni rocciose, quella umbro-marchigiana, talmente unica e rappresentativa da aver permesso la formulazione di una delle più grandi teorie scientifiche del ‘900, quella dell’estinzione dei dinosauri. Tantissime, pure le rarità in campo floristico e faunistico, studiate ed ammirate dai naturalisti. Tra le varietà di fiori, la fritillaria, il giglio martagone, l’orchidea apifera e l’asfodelo bianco. Per gli alberi, l’agrifoglio, il tasso ed il laurotino, per citarne solo alcuni. Tante le rarità zoologiche come l’aquila reale, il falco pellegrino ed il gracchio corallino, il lupo, il gatto selvatico e la martora. Fra gli anfibi, la salamandrina dagli occhiali, la salamandra pezzata, il geotritone e l’ululone ventre giallo..
Per non parlare dei tanti siti di interesse geomorfologico e paesaggistico, storico ed archeologico, di cui tutta l’area ne è ricchissima, spesso ad insaputa di molti, persino dei locali.
Un parco non è “soltanto” tutto ciò, non è esclusivamente uno strumento di tutela. Istituire un parco significa investire con intelligenza e lungimiranza sul futuro di questi territori. Significa creare un marchio di qualità, spendibile sul mercato del turismo naturalistico, ricettivo ed enogastronomico. Una vera e propria rete di virtuosismi, a garanzia di chi vive questi territori, in uno scenario futuro che difficilmente potrà offrire di meglio a queste piccole realtà montane. Tenere ancora sotto scacco un tale patrimonio è scelta miope ed immorale, di vecchia ed errata concezione.
Un parco nazionale libera i valori, conviene a tutti, basta soltanto volerlo.