Comunicato stampa: Il Parco Nazionale unico progetto credibile
E’ davvero straordinario come il semplice parlare di “Parco” sollevi polveroni e commenti, alcuni a proposito ed altri a sproposito.
A tutt’oggi, tutto quello che è successo è che un gruppo di cittadini (di tendenze politiche disparate e quindi non di temibili e pericolosi ambientalisti (non sia mai) e di associazioni (di categoria, ambientaliste, pro – loco, ecc.) abbia cominciato a parlare di Parco Nazionale in modo organizzato con qualche amministratore. Ma i toni delle prime levate di scudi sono perentori, addirittura autoritari. Come se in un paese democratico una libera associazione di liberi pensatori, liberamente riunitisi non potesse intraprendere iniziative a sostegno dei concetti in cui crede.
Quella del Parco Nazionale è una “vertenza” vecchia di almeno 40 anni (il primo progetto per un parco regionale del Catria e Nerone risale alla metà degli anni settanta). In tutto questo tempo si è preferito guardare altrove, ignorando la vocazione che il nostro Appennino manifesta con forza.
Si è pensato che lo sviluppo industriale potesse omologare le aree montane a quelle urbane. Un’intera classe politica per intere generazioni ha puntato tutto su questa idea e quindi alle grandi cave di calcare, alla realizzazione di sempre più strade, alla maggiore urbanizzazione possibile. Ai soldi facili. Sostenuta in tutto questo (va detto) da un’opinione pubblica spesso immatura, pronta ad accettare di tutto; da organizzazioni territoriali pubbliche e private non sempre capaci di gestire il territorio e sempre prive di un progetto reale che non fosse quello di drenare denaro pubblico, non importa come. Ancora oggi che tutto questo mondo è crollato (e non tornerà più) si insiste con le solite logore ricette di “sviluppo” e si chiudono gli occhi di fronte all’unica vera possibilità che ancora ci resta, che è il nostro territorio. Territorio che, anche questo va detto, se in parte è ancora sufficientemente integro non lo deve ai valorosi “montanari” che hanno conservato la natura per generazioni. Noi residenti non abbiamo mai avuto un’idea del territorio più ampia del contrafforte montano sopra casa, della nostro pezzo di vallata, di comune o più semplicemente del nostro appezzamento agricolo. Se qualcosa si è salvato è stato per le vicende storiche contemporanee, per la scomodità dei siti, per l’impegno di pochi e soprattutto per caso. Con buona pace di tutti i populisti che sostengono il valore civico degli indigeni, questo non è l’Alto Adige. Qui si parte da zero.
L’intervento di Federcaccia regionale in tal senso è emblematico ( e involontariamente anche un po’ comico). Si parla di “intervento calato dall’alto sulla testa dei cittadini” di fronte ad una riunione informale di liberi cittadini. Ci si dice (da Ancona) che gli abitanti dei luoghi debbono essere coinvolti. Bene. Noi siamo “abitanti dei luoghi”, ora non più solo Marche, ma anche Umbria e Toscana, tutti abbarbicati sugli stessi greppi. Più siamo e meglio è. I cacciatori dicono di sé stessi che sono una risorsa per il territorio, spesso si autodefiniscono “i veri ambientalisti”. Purtroppo è un ruolo cui hanno rinunciato da tempo e al quale non perdono occasione di dimostrarsi inadeguati. Negli ultimi anni nei territori si sono susseguite vertenze anche aspre su varie problematiche: gasdotto appenninico, parchi eolici piazzati sui migliori passi migratori della provincia, riapertura di cave, devastazioni boschive, devastazioni dei corsi d’acqua, sfruttamento delle falde profonde delle nostre montagne, ecc. Ogni volta sono sorti comitati e molti cittadini di ogni estrazione e orientamento politico, dotati chi di amore per i propri luoghi , chi di amore per la natura, chi di senso di giustizia, tutti di senso civico, si sono organizzati per far fronte a questi pericoli. I cacciatori non c’erano mai. Nei casi ecclatanti citati non una parola è stata scritta o semplicemente proferita da loro. Nel caso dei parchi eolici l’unica preoccupazione era “a che distanza bisogna stare”. Sparare e basta, invadere l’entroterra e non pagare. Impegno civico zero. Così son buoni tutti.
Il Parco Nazionale, per tardi che arrivi, rappresenta l’unica cosa giusta da farsi, l’unica possibilità di sviluppo del territorio montano, l’unico modo per generare lavoro, l’unico progetto credibile e di lunga durata, l’unico modo per vivere grazie alle risorse del nostro territorio. Rappresenta una formidabile occasione per promuovere e difendere ciò che resta del nostro patrimonio naturale che, nonostante tutto, è ancora molto. Soprattutto e’ più che un progetto o un’azione, è un dovere civico, un atto d’amore per le generazioni che verranno, l’unico modo per consentire loro (se lo vorranno) di continuare a vivere sulle terre dei loro antenati.
Il Consiglio Direttivo del Comitato